Le alchimie in bottiglia di Karim Rashid

Le alchimie in bottiglia di Karim Rashid

Design di bottiglie, bottiglie di design. Un ambito molto difficile in cui esprimere creatività e stravaganza perché certi oggetti ci appaiono codificati, necessariamente confinati dentro una forma che la lunga, lunghissima tradizione fa coincidere, anche se declinata in molte varianti, con una funzione.

Il mondo del vino, come da tempo ripetiamo, fatica a prendere le distanze da un immaginario e da stereotipi che il tempo ha contribuito a fissare, rendendo stalattitico un universo di forme e di codici di comunicazione che, oggi ancora più di prima, è necessario aggiornare. Questo non per puro gusto di rivoluzione, ma semplicemente per seguire l’onda del tempo, per non restare indietro.

A dare una vera e propria scossa è stato, anche in questo ambito, un designer che nel nostro settore tutti conoscono, perché ha fatto dell’eccentricità, intesa come distanza dal centro, dal dato di fatto, dallo scontato, il suo credo creativo.

Non tocca a me presentarne la luminosa carriera e il ricco operato, sta a me parlarvi delle SUE creazioni legate al mondo vino.

Ne ha disegnate diverse negli ultimi anni: la bottiglia di Vodka Anestasia del 2012; la bottiglia per l’azienda vitivinicola canadese Stratus, che contiene un Cabernet Francy del 2014; le incredibili Single Serve Wine Bottles per un concorso del 2018.

Ha progettato anche accessori per il mondo vino: bicchieri, caraffe. Si è spinto oltre nel dare forma nuova alla sciabola da champagne, realizzata con un unico pezzo di acciaio inossidabile lucido e che assomiglia più ad un’elegante e moderna clava, per il brand scandinavo MENU.

Per Veuve Cliquot nel 2006 ha disegnato Globalight un porta champagne refrigerato per rendere ancora più preziosa la bottiglia dell’iconico champagne.

Fu prodotto in tiratura limitata di soli 500 pezzi, prometteva 4 ore di refrigerazione, e di illuminazione con una luce led d’atmosfera. Per la maison poi Rashid ha progettato anche un meraviglioso divano per la degustazione di coppia: Loveseat, un nome che è tutto un programma (in fondo il video)

Karim Rashid porta la sua cifra progettuale a tutti i livelli, ha un marchio di fabbrica. Nella sua Wine Collection è passato dalle forme frammentate o destrutturate, da bottiglie come esplose e poi ricomposte, a bicchieri dalle curve morbide o nette, forme e colori cangianti e capaci di catturare l’attenzione…sono oggetti che ci parlano, che ci invitano ad avvicinarci e toccare, a conservarli, a farli entrare nel nostro mondo.

Oggetti del desiderio al di là del contenuto, molti dei quali ormai difficili da reperire sul mercato, quindi anche rari.

Le bottiglie oggetto di questo articolo sono però realizzate per una realtà italiana, per una mente imprenditoriale fuori da ogni schema, di cui parleremo in un altro articolo perché merita tutta la nostra e la vostra attenzione.

Due bottiglie uniche, create per Athanor, Creative Brand (https://athanor.it/) nelle sapienti mani di Enrico Sorrentino, italiano dallo spirito e dalla vita internazionale, che approccia e interpreta il vino come prodotto alchemico. Voglio svelare il meno possibile, ma con le parole del committente raccontiamo questo incontro.

“Il progetto nasce dalla volontà di legare in modo più stretto due mondi apparentemente lontani ovvero vino e design, nonché di stravolgere il concetto-forma bottiglia, fossilizzato da secoli. Il vino-bottiglia inteso come nuova sintesi tra contenuto e contenente, riproposto in un legame nuovo ed originale, distaccato finalmente dal passato e anzi proiettato verso il futuro, riproposto in chiave appunto futuristica nella visione di uno dei più noti design del mondo. Questo, in sintesi, il progetto che stiamo realizzando con Karim Rashid, un azzardo cosciente nel mondo del vino, un mondo stagnante di bottiglie e di etichette dove la collezione Karim Wine sembra appunto presentare un cambiamento di scenario, quindi una svolta forse epocale. Un progetto quindi originale, un atto di coraggio forse, che certamente non sarà capito dai più.”

Il mondo del vino italiano è in effetti un po’ ingessato, eppur si muove grazie a slanci coraggiosi come questo. Coraggiosi si, perché anche da un punto di vista economico ogni percorso creativo ha costi aggiuntivi che le soluzioni standard non presentano.

Coraggioso perché il mondo del vino italiano è normato da regole che, nei disciplinari di produzione, stabiliscono anche la forma e i volumi massimi delle bottiglie.

Facile quindi che si storcano i nasi, che si alzino gli occhi al cielo, che ci si chieda il perché di due bottiglie così originali. Basterebbe una semplice risposta: perché no? Perché non deliziarsi doppiamente con il portare in casa un oggetto contenitore che ci piaccia guardare e mostrare e il cui contenuto possa deliziare una serata speciale? Si chiamano Man & Women, le bottiglie, dal nome di per sé conturbante e riassuntivo di tanti concetti e parole, (e che quindi invitano alla filosofia del più fatti e meno parole) e conterranno rispettivamente un Chardonnay e un Pinot Noir entrambi organici. Due forme che, nel nostro immaginario disneyano, potrebbero animarsi e iniziare a danzare insieme.

Men, la bottiglia-uomo con la forma più rigida, l’abito scuro, ma con la capsula fucsia, alla Rashid, come segno di distinzione necessario per un dandy del terzo millennio. Woman, in abito giallo tenue, impeccabile ma con una silhouette che facilita la presa, con capsula tra arancio melone e il rosa salmone. Bottiglie e bicchieri di servizio studiati insieme, ed anche questo aspetto ha un sapore di eleganze di altri tempi, di servizi coordinati ed elegantissimi, di gusto e attenzione per i piccoli dettagli capaci da soli di creare la giusta atmosfera per approcciarsi al vino…

Alchimia è una strana via, affascinante e intrigante per menti curiose.

Approfondiremo…intanto non ci resta che attendere per degustare.

Tutto il resto ci ha già conquistato, perché Karim Rashid, con la sua creatività ci ha già spinto a guardare all’oggetto bottiglia con occhi diversi, più gioiosi, leggeri, fanciulleschi.

A cura di Francesca Pagnoncelli Folceri

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